mercoledì 4 giugno 2008

Corpo a corpo


Sono ventiquattr’ore che ti aspetto. Ho cercato di domare il disordine, ho straordinariamente cambiato le lenzuola, le ho scelte nere, funeree, come piacciono a te. Ho riempito il cesto con la biancheria sporca, che di solito corre libera e felice per casa. Ho acquistato due candele, su tuo suggerimento e le ho messe in camera da letto, una dalla parte mia, altra vicino a te. Ho acceso tutti quanti i termosifoni, il camino e la temutissima stufa a gas, così, nuda, non potrai lamentarti del freddo. Ho anche appeso, fuori dell’uscio di casa, un messaggio di benvenuto. Ho fatto tutto questo sperando in una appassionante nottata.
Non torni, ancora devo aspettare, accendo la musica, anzi ne metto altra a portata di mano, la preparo su misura per te. Il tempo ti oltrepassa, ed io mi infilo dentro a letto a immaginare, a studiarmi le posizioni e le tenerezze.
Tiro in dentro la pancia, considero la mia età, mi passo una mano sulla barba per capire se punge, provo se i muscoli ci sono ancora. Mi rialzo perché mi accorgo di non avere l’esatto odore che piace a te. Meglio una doccia ennesima, meglio purificarmi l’alito ancora di più, meglio tagliarsi le unghie se il desiderio ti dovesse suggerire varianti inconsuete.
Accendo il televisore, ma mi porta velocemente al torpore, la porta si apre finalmente ch’è già arrivata la notte. Eccoti qua, sei stanca, e come temevo nervosa, non vuoi parlare, non vuoi mangiare, hai insieme mal di testa e mal di schiena, un minaccioso progetto di dolore al braccio, e un mal di pancia di riserva.
Anche stanotte il mio progetto appassionato lo devo rimandare?
Adesso mi dici di volerti spogliare, ma prima mi srotoli i fatti e le tragedie, tutti quanti gli aneddoti della giornata finalmente passata, nomi, cognomi, fatti e misfatti. Parli e racconti guardando la porta, il pavimento e la crepa sul muro, il lampadario. Io, di nascosto, mi odoro le ascelle, mi è sembrato di sentire ancora l’odore del minestrone.
Probabilmente il momento è arrivato, ti siedi sul bordo del letto e ti spogli, fai così per offrire ai miei occhi solamente la schiena, la tua schiena capace di farmi sognare per giorni. Ti avrò.
Ma ti infili il pigiama, entri nel letto e ti abbracci le ginocchia. Così come farò ad averti?
Decido di allungare comunque una mano e la tua schiena risponde che anche questa sera il dolore ci sta, risponde prontamente e ad alta voce. Ti giri a pancia all’aria e mi rimproveri del caldo esagerato e troppo secco. Mi alzo per raffreddare, mi sbrigo, il desiderio mi rigetta nel letto, e un’altra carezza, quasi per caso, calcolando e pregustandone le conseguenze. Hai una smorfia di orrore, le mie mani sono troppo fredde, ed anche i piedi. Perché mai sono uscito dal letto?.
Mi scuso, dichiarando preventivamente che davvero ti amo. Ti fai uscire allora, in concomitanza, un secondo lamento, prolungato, ben modulato, tragico quanto basta. Ma io insisto e propongo, ti chiedo con esattezza di fare l’amore.
Mentre mi espongo così ed ascolto che tu non hai per nulla risposto, sono però sicuro che al bagno ci devo riandare, solo per una questione emotiva, solo per prevenire un bisogno. Il gas va richiuso di nuovo e la porta di casa vuole un altro controllo.. Ecco che torno e ti sento russare.
- Come, già dormi ? –
- Ma no, pensavo –
- A cosa? –
- Nulla di nulla –
Cerchi di riacchiappare uno sbadiglio ma non ci riesci, ed io sono più che deciso a non farmi scoraggiare.
Ti ridico che ti amo tre volte di seguito e tu mi ricordi che non ho messo la sveglia. A ricordarmi che l’operazione più urgente e necessaria è quella di dormire. Quando ho finito di parlare con i numeri e i minuti tu giaci sfinita, immobile e girata dalla parte opposta, all’improvviso mi chiedi e capita così che mi riaccendi.
- Mi massaggi la schiena? –
Ecco l’invito, ecco l’occasione, ecco tutto il mio amore, ecco l’incontro emozionante, il desiderio risorto.
- Più giù, dove c’è la ferita –
Io ubbidisco, ma poi mi lascio trasportare, esulo dal mio compito, sconfino, il respiro mi tradisce e cambia, ti bacio un orecchio.
-
- Il solletico no ! –
Ti contorci e ti richiudi, mi chiedi l’ora e questo non è un bel segno, è il segno che mi devo affrettare, le mie mani scorrono in giù e commettono il solito e imperdonabile errore.
- Lo sai che non mi piace così ! Lo sai che m’imbarazzo così ! Lo sai che subito così non mi piace! –
Ricomincio dal seno? Dal seno sembra che funzioni. Ti esclamo due volte e lo accetti, allora con una manovra furba e decisa ti sono sopra. Ma tu urli, che t’ho schiacciato un braccio, il braccio solito.
- Ti ostini a pesarmi a sinistra, perché te la prendi sempre con questo povero braccio mio? Sono sei anni che lo fai, sembra che lo fai apposta –
Insomma allora e mi levo e mi viene quasi da piangere, so bene che la mia solita manovra maldestra potrebbe evolversi in un processo nel cuore della notte, d'altronde è vero, sono sei anni che mi diffidi. Ti ho sempre promesso che prima o poi avrei cambiato posizione, ma la pigrizia, ma la cattiva abitudine, ma le strane esigenze del mio basso ventre.
Però ho un buon repertorio di argomenti rassicuranti da esibire, quelli che nella maggior parte dei casi funzionano sempre. E’ notte inoltrata ed io provo ad appoggiare le mie labbra sulle tue. La tua lingua però non vuole sentire, si rifiuta di uscire allo scoperto.

- Lo sai che è sempre stato così, non mi piace baciare così, lo trovo imbarazzante. Ma tu non hai fatto uscire il cane ?-
E’ vero, mi rialzo col freddo che mi stringe il sedere e spingo in fretta il cane furibondo fuori della porta.
Quando torno a letto sei immobile, sembri assolutamente deceduta, non mi resta che dormire, oppure abbandonarmi al solito desiderio impersonale, senza uno specifico volto. Assopito in questa indecisione, le palpebre mi suggeriscono di tentare la sorte nel sogno.
Ed è allora che mi accorgo di un dito su di me, leggero oltre che furtivo. Abile ed esperto, all’altezza del mio ombelico. Ci gira intorno, passeggia, si ferma a pensare, poi si rimette a danzare, leggero, inesorabile. Adesso cambia la sua traiettoria, punta verso il centro, affonda e sfonda, probabilmente tira via, svuota. Io mi dimeno, tento di impedirlo, ma mi ritrovo con le budella di fuori, ma ancora vivo, ma ancora cosciente.
Ti vedo sorridere e sussurrare nel centro del buio.
- Hai visto, sei contento, ti è piaciuto? Adesso fammi dormire però che è tardi -

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