sabato 15 marzo 2008

La danza degli infiniti


Disinnescare, fantasticare e rimescolare fino quasi a tarda notte. Ricominciare a declamare la propria improbabile estraneità. Fluidificare la deposizione già depositata in precedenza, cambiare disposizione dei verbi, imbrogliare i soggetti, riconsiderare la propria posizione. Andare a marcia indietro.
Sorseggiare l’accadimento, metterlo a disposizione dell’improvviso rifiuto. Ballare per essere più gradevolmente convincente. Fingere di dormire, fingere di deglutire più volte. Volteggiare nelle improbabili dicerie. Riconsiderare per un’altra intera notte eventualmente il da farsi. Irrompere di nuovo, farsi esplodere nel centro.
Bivaccare, gozzovigliare nella nuova versione dei fatti, sodomizzare i misfatti, ingiuriarli, ridirli a bassa voce ed esercitarsi a ridere. Inoltre ridare forza e nuovo smalto alle virgole, spostare i punti interrogativi, copulare,e godersi gli avverbi. Esercitarsi a minimizzare.
Girare improvvisamente sulla destra. Fermarsi e farlo notare. Rotolarsi e creare solamente due contraddizioni. Ripetere alla rovescia con toni diversi. Distribuire a piacere sei nuove stonature, rifarci di nuovo le pieghe e accarezzarne con lentezza esasperante i bordi.
Cercare almeno sette decodificazioni valide. Invalidare con coraggio tutto l’intero ed interminabile resto. Sospendere il risultato, ridicolizzare il risultante. Candidare altre incognite, altre affascinanti incognite spuntate fuori come per caso. Adesso mettersi in ginocchio, adesso saltare in piedi all’improvviso, puntare in alto e morire per terra.
Giocarsi incoscientemente la libertà, quella che mai più sarà nuovamente proposta. Allora poi sentenziare di nuovo, parlare con slancio ad una folla che non c’è. Contare e ricontare le dita delle mani, gettarle in alto per essere più convincente, inconcludente quanto deve bastare, in alto mare proporsi nuovamente.
Come da manuale invocare il miracolo, mettere in fila per due le speranze, raccomandarsi e cominciare a pregare camminando all’indietro. Saltando però.
Corrugando la fronte.
Poi dritti e di corsa verso l’infinito, respirare a pieni polmoni l’inaccessibile, considerare l’imponderabile, tenendo conto di non essere ancora completamente sospettato.
Ingiuriare se stesso ogni tanto, così da non farsi dimenticare, per provare ad oltrepassare il consentito impunemente.
Dichiarare apertamente di volere sbirciare nell’aldilà, e se si presenta l’occasione di volerlo sfidare in duello, che è bello da sentire, che rende più alteri e più tronfi.
Cambiare quindi marcia e provare a farsi dimenticare, chiudere la finestra e nascondersi, negare e rinnegarsi, cancellare le ombre e d affermare di volersi organizzare la dipartita. Dipartire sul serio quindi, evitando gli inganni, dipartire e mai più ritornare. Facendosi cremare per verificare l’effetto che può fare.

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