mercoledì 31 ottobre 2007

Cancellare e ripensare




Disegnare è sempre stata la mia unica e grande passione, il mestiere del disegnatore il mio sogno più orrendo.
L’unto e bisunto disegnatore s’inclina e crea, vacilla scancella, pensa e rigira, arrotonda gratta e straccia, s’intigna e ricicla continuamente se medesimo. Per mantenersi genio deve sputare sangue, così è scritto, fino alle otto del mattino, tutta quanta l’intera notte.
Quando l’occhio è preciso a quello del morto, il disegno finalmente assomiglia, è degno di una storia sua. Bene, ora si cancella e si rifà.
Ma il secondo è la copia esatta del primo, ma il terzo è la copia precisa del secondo, ma il quarto è la copia della copia della copia.
Quello lì con gli artigli, il terzo occhio e le budella di fuori è ancora lui. Anche l’impalato, che invece di crepare fra atroci sofferenze, se la gode e parecchio. E la belva con la testa di bambina è il perseverante disegnatore che continua. Perfino l’ammazzasette che accoglie i lavoratori davanti all’uscita della metropolitana, anche quello è il disegnatore con tanto di mitragliatrice sotto il braccio. E’ lui medesimo che sgobba, ignaro della sorpresa mattutina.
Più animaleschi e allucinati sono i segni della sua matita, , più bavosi e lerci, più velenosi e superdotati, più grossi ancora dei grossi, più gonfi duri e pericolosi, più a lui sembra di sentirsi leggero e tranquillo.
Un turpiloquio sopra l’altro è la giusta via verso l’espiazione e la professionalità.
Avviene così la purificazione, un godimento necessario, una tappa obbligata, la ricetta giusta per dormire meglio. Lui veramente è più piccolo dei suoi pensieri, lui veramente è meno abile dei suoi disegni. Tenta solamente sforzandosi di esternare inferocendosi sofferente e quasi molto impegnato.
Ricomincia con tre pacchetti di sigarette cancerose e un pensiero diverso.
Lui è l’amico per la pelle del drago di china, il suo complice, l’istigatore, lui il mandante. Lui che, sulla carta, ha distrutto un intero continente di revisionisti. Lui che è in grado di indicare le altre dieci vie.
E’ lui che suggerisce il rimedio che nemmeno Gandhi seppe. L’estintore, il castigamatti, il denunciatutti. Lui che ha diritto all’idea più pagata in assoluto. Lui non si chiama Picasso, ma fa lo stesso.
Come farà? Lo farà con una raccomandata, una raccomandata con ricevuta di ritorno. E’ sul tavolo ed ha urgenza di essere spedita. Cancellare. Cosa c’entra? E’ mica fuori tema?
Invece ci ricasca. Il compito è assegnato alla caricatura del signor Alighieri, lui in persona se ne incaricherà. Ma che schifo di storia è questa?
In uno scomparto in fondo al disegnatore, ma non ancora nel disegno, due facce da coccodrilli, ma gli occhi sono fin troppo umani, piagnucolosi, miserandi.
Adesso è tempo di alludere più specificatamente a una realtà più intrigante e meno campata in aria. Allora si proceda.
Alighieri un disonesto? Qual è la malattia che va per la maggiore? Da domani tutti saranno in grado di volare? Cosa succede se ci si lava troppo spesso? Ma la guerra fa male alle coronarie oppure no? E il detersivo può veramente diventare un’arma?
Il Papa domani lascerà i cattolici da soli, dirà loro di arrangiarsi? Esaltando l’omicidio si è o non si è dalla parte del torto? Chi ha detto che Cleopatra è morta, chi ha osato?
Cancellare. Ripensare. Raccomandarsi al genio, che il tempo stringe. Raccomandarsi con tanto di ricevuta di ritorno magari.
Il disegnatore fiuta la maledizione. La maledizione gli fa il verso.
La mattina si avvicina e la china si spande a casaccio sul foglio, decide lei in quali mostruosità combinarsi, quali folli simbologie assumere. E’ materia grigia colata sul bianco, è uno sforzo davvero esagerato.
Il disegnatore non si scansa, vorrebbe bestemmiarci su. La notte si è definitivamente districata. Vorrebbe cambiare mestiere, vorrebbe attaccarsi a un altro fiasco, vorrebbe, e scivola sulla mattina che allaga il pavimento.
Luce. E definitivo furore nero su bianco.
Formiche grosse come ippopotami. Jumbo rondini. Attenzione alle enormi fauci del bruco. Una tenia gigante nell’impianto di riscaldamento. Bacarozzi mutanti nel brodo. Un polipo dentro la pancia. Una seppia fa strage alla fermata dell’autobus.
Lo struzzo si libera del disegnatore e aggredisce Giovanni, il quale non può e non vuole morire. Ridotto a brandelli ancora canta le sue ingiurie variopinte.
L’iguana esce dal gabinetto e minaccia troppo da vicino lo stesso disegnatore. Dal muro nascono piaghe che respirano e soffrono. Dal suo naso esce un bizzarro millepiedi, un attimo e la fotografia è fatta.
Questo è un piede e quest’altro un altro piede? Non si può cancellare, è scaduto il tempo.
Il proprio letto o le poste e telegrafi? Ma che lavoro è, di quale altro disegno si tratta? L’allusione, la biforcutaggine, il qualunquismo esagerato, la satira nella satira, dentro e a incastro. La mattina, come al solito, è sofferta e crudele.
Crudele è la raccomandata con ricevuta di ritorno che incombe, che condanna il disegnatore ultimo della fila, che lo spinge e lo strattona. Non esiste altra soluzione, solamente l’ufficio postale e certi suoi olezzi caratteristici, messi lì appositamente per riceverlo.
E visto che il disegnatore si mostra impacciato e non sa, ogni creatura del mattino gli offre i propri spaventosi consigli. Tutto ma non quel calvario, ma non i ricordi del reggimento.
- Vattene indietro. Ma chi sei tu, ma io t’ho già visto? –
- No, non credo, non penso. Assolutamente mi sento svenire lo escludo –
- Ma si, ma guarda, il disegnatore nostro signore! –
- Sei tu e non ci riconosci? Ma dici davvero? Ma questa volta quanti te ne sei bevuti?
- Dimmi, ma che bisogno c’era di appiopparmi una coda? Cosa t’ho fatto per meritarmela?-
- Senti ma chi te l’ha detto che volevo un figlio pieno di squame?E’ brutto un figlio con le squame! Ma che ti dice il cervello, solo schifezze?-
- Tu adesso prendi carta e matita e mi ridisegni senza pinna, qui e subito –
- E a me devi spiegare il perché di questo becco, qual è il motivo. Credevi forsedi essere spiritoso? –
- Qui c’è un equivoco, uno scambio di persona, ve l’ho detto che io non disegno. Sono qui tutte le volte solo per una raccomandata.
- Buongiorno, io sono quello delle quattro braccia in più. Te lo ricordi? Te lo ricordo io. –
- Io lo so che c’hai fregato per sempre, io lo so che non ci vuoi più cancellare. Tanto vale che ti facciamo a pezzi –
- Datelo a me. Solo perché gli ho chiesto l’elemosina, m’ha cambiato in aragosta. –
- La raccomandata vi scongiuro, questo è l’ultimo giorno! –
- Dove sta, aspettate che scavalco. Io sono il commendatore declassato a brontosauro-
- Mi presento, prima ero certamente Francesco. Ora sono lo scorpione ed esigo una spiegazione. La voglio qui e adesso –
- Fate spazio alla mantide, che vuole cominciare lei –
- Giulia no, aspetta che ti spiego, è stata solo un’alzata di testa. Giuro che con la carta e la china ho chiuso –
- Ma quale Giulia, io sono la mantide –
Tanti piccoli, poveri, miseri pezzi. La raccomandata spazzata via.
E il mio sogno si ripete, sempre più affascinante, sempre più orribile.

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