mercoledì 31 ottobre 2007

Il corpo di Cristo


Saliti sulla collina, lei mi si mette di fianco, io mi sposto di tre quarti dietro di lei, m’inginocchio e la guardo di sbieco.
Fa un giro su se stessa e mi tocca prima il fianco sinistro, poi quello destro, e ricomincia. Ma ch’è un ballo? E la sua lingua si mette a saettare.
Io interrompo, le unisco le mani, le prendo un orecchio, è sporco di cerume. Non glielo lecco e nemmeno glielo tiro. Mi aggrappo alle sue spalle.
Lei si vuole sganciare. Striscia fino a tre metri da me e m’invita guardando dritto verso lo sterno. Io credo di non capire.
Ci mettiamo a camminare con lo stesso identico passo, braccia mie intorno alle sue. Tentiamo di avere gli stessi disturbi di pancia prima di ridiscendere a valle. Ci fermiamo.
Lei mi si sposta obliquamente, io resto immobile ma a ginocchia piegate. Non tira vento. Allora decidiamo di ridiscendere ognuno per conto proprio.
E il corpo di Cristo si ripete.
Dopo aver armeggiato per una buona mezz’ora, finalmente si trova con il proiettile in canna. L’altro è già pronto da un’ora e deciso ad uccidere, però è secco allampanato, però non è biondo, però ha troppi problemi di carattere puramente casalingo.
Sta di fatto che ognuno dei due vuole prendersi il marciapiede dell’altro, ognuno dei due rimugina la propria ferocia. Non è poca e fa male, è gratuita ed è veramente appariscente. Adesso diventeranno dei bellissimi assassini.
Il corpo di Cristo deve attraversare, comincia una discussione di trincea.
Il corpo di Cristo si ripresenta.
Il corpo di Cristo è costretto a rivivere la sua notorietà.
Il pomeriggio è quello d’agosto, il morto c’è e per la strada non passa nessuno. Il rumore del morto sui tamburelli è noiosamente secco e regolare.
Palleggiarselo per passare il pomeriggio, per fare una cosa nuova invece di bere birra, invece di chiacchierare sfottere o guidare.
Il morto rimbalza lento e regolare, prigioniero della sua traiettoria, e quello è il solo rumore che si sente, e quello è già un divertimento antico.
E il corpo di Cristo non manca mai.
Mi ordinò di non contraddirlo, stava fingendo di essere un medico.Ed entrò bene nella parte. E poi.
E poi, una volta fuori del bar, mi raccontò di essere al corrente che certe donne usano ancora strappare con i denti i testicoli delle renne. Mi raccontò di averlo fatto anche lui. Ed è giusto così, aveva aggiunto.
Urlando in dialetto, disse che aveva pieno diritto di delirare, perché soffriva. Ed io con lui dovevo farlo.
Il corpo di Cristo è costretto ad essere onnipresente.
Allora si alzò la camicia e interpellò il parroco. Chiese se quelle costole gli ricordavano qualcosa, se per caso ci intravedeva una certa somiglianza. Il parroco niente, non ne voleva sapere, nemmeno davanti all’autentica corona di spine, le lacrime e le cicatrici.
Il corpo di Cristo manipolato, scopiazzato e inflazionato. Il corpo di Cristo dorato e fritto.
Dunque due donne si stanno massacrando di botte all’interno di una sanguinolenta macelleria. Pesano cento chili ognuna, i loro pugni scuotono il negozio, le carni, le coscienze e tutto l’edificio. Adesso tentano di strangolarsi ambedue.
La buona qualità dei cadaveri in vendita è poca cosa davanti allo spettacolo titanico di due colossi vivi in lotta. Adesso una vuole masticare l’altra e la terra trema, e nessuno dei presenti distoglie lo sguardo.
Il corpo di Cristo alla portata di qualsivoglia accadimento e stato d’animo.
Minacciarono allora di fucilarlo, lo misero al muro, lo girarono di spalle. Spararono tutti insieme. E il corpo di Cristo rideva a crepapelle, con le convulsioni addirittura.
Sta di fatto che l’avevano violentata al tramonto, aveva tredici anni e ancora i calzettoni. Il corpo di Cristo, per caso passando di là, cantava la sua illecita canzone.

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