venerdì 13 gennaio 2012

Le voci del dolore

Esterno giorno
Il militare di leva estrae la pistola, carica il colpo. Dice ai magistrati di aver messo anche la sicura. "Urlavo andate via, andate via. Mi tremavano le mani, ma ho sparato, nel vuoto, davanti a me".
“Davanti a lui c’era Carlo Giuliani, appena tre anni più di lui.
"E' stata una fatalità accaduta dopo una giornata di choc" dice l'avvocato.
“E' andata che "un ragazzo dell'80 ha sparato e ha ucciso uno del '78"

Siamo qui, siamo in tanti in questa città, colorati, convinti, decisi, entusiasti, davanti a noi c’è uno splendido mare.
Ci sentiamo soli, Siamo sotto il sole, il sole ci guarda.
Loro ci osservano, gli uomini in divisa, con il viso coperto dai caschi, dietro la curva.
Cammino, alzo la testa e vedo gli elicotteri e il fumo.
In strada le macchine bruciano.
Bruciano i cassonetti e la gente fugge.
Sento gli spari dei lacrimogeni.
ho paura, tutti abbiamo paura.
Ci guardiamo e non sappiamo cosa fare, dove rifugiarci.
La polizia, carica.  Ho visto le braccia ustionate dai gas.
Siamo in guerra. Siamo in trappola, tutti.
I feriti sono tanti, troppi, in terra, senza difese, in balia.
Piango.
Gli elicotteri ancora, come demoni sopra di me.
L’apocalisse, l’inspiegabile ferocia.
Ero in mezzo alla strada, proprio davanti al cancello quando sono arrivate le camionette,  sono rimasto intrappolato.
Mi hanno colpito subito. Uno di loro mi ha colpito con lo scudo e mi ha schiacciato contro il muro, un altro mi ha riempito di botte ai fianchi. I calci di un altro uomo nero.
Mi hanno detto, noi ti uccidiamo. Così mi hanno urlato.Ero a terra e loro continuavano a picchiarmi.
Sono due giorni che non mangio. Sono tre giorni che non mi lavo.
Sento gridare ovunque.
Sono qui? Chi? Chiudete il cancello.
Stanno massacrando di botte un ragazzo per strada. Lo lasciano in terra. Tutti su di lui.
Sono tanti, la strada e' bloccata, chiusa, non c’è via di scampo.
Chiudiamo le porte, le blocchiamo con tutto quello che ci capita
Sentiamo urlare.
    _    Stanno entrando, sono qui _
Non mi rendo conto, non voglio, mi rifiuto, non può essere vero.
    _    Stiamo calmi, alziamo le braccia _
C’è sangue ovunque. Un'esecuzione.
    _    Sono entrati _
Ho visto una ragazza in terra con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo che forse era morta.
Intorno alla ragazza c’era la sua materia cerebrale.
Si chiama Anna, ha il palato sfondato
    _    Puttana, adesso ti sistemiamo noi _
Ha avuto paura di essere stuprata. Calci e sputi
Mi portano in caserma. Sono già stato pestato a sangue, ho le mani legate, lacci di plastica, troppo stretti.
La colonna sonora dell'orrore è una cantilena
    _   Un due tre, viva Pinochet, quattro cinque sei, a morte gli ebrei, sette otto nove, il negretto non commuove _
Mi tocca una nuova dose di calci e pugni. Rimango a terra, non posso più alzarmi, ho un piede fratturato, le costole rotte.
Spengono le loro sigarette sulle mie mani.
Si infilano i guanti imbottiti e per un'ora non smettono di picchiare.
Quando ho provato a girarmi, mi sono preso un pugno nello stomaco, poi un altro, fino a non poterne più.
Gli altri in divisa mi sputavano addosso, mi prendevano a calci.
Siamo rimasti in piedi fino alle tre del mattino, senza alcun avvocato. Gli uomini in divisa picchiavano come se fossero sotto effetto della droga.
Sono stato travolto da una carica perché volevo aiutare una donna che camminava in mezzo all’inferno e gridava.
    _    Dio non vuole questo _
Dio non vuole questo. Sono una maschera di sangue, ho un taglio profondo sulla testa, mi sento svenire.
Finalmente, verso le 4 di mattina partiamo, ci portano in carcere. Ancora botte. Poi la pace, se di pace dopo l'inferno si può parlare. 
    _    Il nostro sacrificio servirà a far risvegliare la gente?_
    _    Non voglio più vederli, non fatemi più vedere la polizia _
    _    Conto, mi metto a contare per tentare di non ricordare _


Uno, due, tre, quattro, cinque. Conto e riconto per provare a non pensarci più.
22 luglio 2001

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