lunedì 5 novembre 2007

Andreina


Mi ricordo troppo bene i suoi occhi grandi, troppo neri, sgomenti.
Andreina trova il cancello aperto ed entra. E’ giovedì pomeriggio, un pomeriggio grigio, immobile e rovente. In giardino non c’è nessuno e lei arriva fino alla porta della grande casa dominata dal leone di pietra.
Quel giorno, come tanti altri giovedì, lei e il suo compagno di scuola fanno merenda insieme. Masticano seduti su di una massiccia panchina di pietra, all’ombra di uno scorbutico albero che ha solo voglia di raccontare faccende non lecite. Il suo compagno di scuola non parla molto, è timido, forse per questo le piace. Masticano, talvolta sorridono, talvolta si guardano Andreina è una ragazzina di diciassette anni magra e troppo lunga e adesso suona alla porta di quella grande casa.
Il suo compagno di scuola non apre subito, forse è fermo dietro la porta e la guarda chiusa, poi apre lentamente guidato da un automatismo. Sorride e scende due scalini. Si ripete come ogni giovedì lo scambio troppo lungo di sguardi silenziosi. Andreina vorrebbe prendergli la mano ma, come ogni giovedì, ci rinuncia. Anche in classe questa voglia non la può soddisfare. Andreina non s’è accorta che oggi pomeriggio il leone di pietra ha la bocca spalancata.
- Facciamo merenda? –
Gira su se stesso, risale gli scalini e rientra in casa. L’intero giardino ha un brivido di spavento, ma Andreina non se ne accorge. Sta lì ferma, con i suoi grandi occhi spalancati e sorride.
Dentro il ragazzo chiede qualcosa alla madre, poi, tranquillamente di nuovo esce, con la merenda nelle mani.
Andreina barcolla sulle gambe
- Cos’è, che roba è? –
Ha detto troppo, ne è sorpresa anche lei. Il suo compagno di scuola ha nelle mani due cuori ancora pulsanti. Attraverso la porta aperta Andreina può vedere, sul grande tavolo della cucina, i corpi senza vita dei genitori, con i toraci aperti.
- Io sono timido, non so spiegarti perché…una merenda diversa -

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