lunedì 5 novembre 2007

Il motivo


A destra e a sinistra una grande folla, spintono fra le teste più alte e voglio guardare anche io. Non sono lì per caso e non intendo perdermi nulla.
L’uomo è di ossa, ha il collo che parla da solo. Ha un occhio troppo celeste e troppa brillantina sulla testa. L’uomo ha i polsi esili e i baffi ispidi. Finti?
L’uomo si scrocchia le dita delle mani e si prepara.
Prova il primo passo poi torna. Cerca il motivo? Cerca lo slancio?
E la gente è lì che si chiede.
Chi è e chi invece non è affatto. Cosa mangia di solito. Se per caso è infelice più del livello di guardia. Se i suoi parenti sono loro compaesani. Se il suo spettacolo rientra nell’avanguardia e dentro questa si rigira. Se è pazzo o scemo oppure calcola.
Se magari ha un utile o se magari si sente inutile. Se prima ha soddisfatto i suoi bisogni o se ne ha altri in programma. Se agisce senza grigie eminenze di dietro.
Se è rimasto in contatto con la madre e a che età ha finito di odiarla.
Se le sue intenzioni sono per i tre quarti marce. E se questa volta muore? Qualcuno ha pensato qualche cosa in merito a questo?
Ma se è vero che non pensa, che non ambisce, che il suo non è sicuramente un divenire e nemmeno un diminuire ? Ma il bello ed il buono per caso lo interessa ? ma l’arcano lo attrae?
C’è o non c’è di che avvalersene della sua esibizione? Non parla perché non parla o perché non sa parlare? Quali cose eventualmente non conosce?
Capisce che le precauzioni intorno a lui sono inevitabilmente di ordine pubblico e psichiatrico ? ha un suo pubblico veramente affezionato? Ci sarà un trucco, ne avrà di ricambio?
Li ha fatti i dovuti conti col simbolo e il significato? Tutto questo ha allacci con l’avvenire, è forse puro e pericoloso empirismo?
Le parole servono solo a se stesse, le azioni fanno comodo solo a se medesime.
L’uomo guarda in avanti, fissamente. Si sta per avvicinare. Il pubblico, numeroso già s’immagina tutto finito, già vuole un bis, già ne vuole rigodere che quello non si è ancora mosso.
C’è qualcuno che non sa resistere ancora prima dell’esibizione. Perché il fine a se stesso gli è tossico, perché lo vorrebbe fare lui, perché per lui il dolore è un problema irrisolto.
L’uomo prova ancora una volta la consistenza e la determinazione, senza concedere nessuna soddisfazione ai doppi sensi.
Diluviano allora tutti gli altri inutili quesiti.
E si dà coraggio. E deve dimostrare. E ha paura anche lui della morte. Ed è colpa della sua malata sensualità. E’ sicuramente una patologica forma maniacale. E’ un segno ostile, di questo sicuramente si tratta, un grido di battaglia. Oppure un’allusione alla natura. E’ uno strappo, indubbiamente un fasullo. L’irreversibile l’ha fregato eccetera.
Il pubblico schierato fiuta la tragedia esaltante.
Fa un gran respiro, non si guarda intorno e in linea retta si avvia. Mille volte nei cuori della gente l’azione si ripete, va a ritroso e ricomincia.
Fino al tramonto è lo stesso rumore: SPAF!

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